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La famiglia Ponti era nota da tempo per aver avviato una florida attività commerciale di tessuti che aveva avuto il periodo di svolta quando Andrea Ponti, all’inizio dell’Ottocento, riuscì ad accaparrarsi una grossa fornitura per l’esercito napoleonico. I tempi e la situazione politica era favorevole all’avvio, anche in Italia, della produzione tessile industriale e Andrea Ponti,
insieme ai figli
Bartolomeo e Giuseppe,
decise di puntare in quella direzione. La Restaurazione e il ritorno della dominazione austriaca frenarono il processo ma non lo fermarono completamente, tanto che nel 1819 i Ponti acquistarono il mulino Custodi di Solbiate Olona con l’intento di costruire lì la loro prima fabbrica di filatura. Andrea Ponti morì proprio quell’anno, ma il progetto fu comunque portato avanti dai figli, che fondarono la società “Andrea Ponti” e chiesero i permessi necessari alla costruzione della fabbrica. I tempi non furono rapidissimi, ma il Cotonificio Ponti vide comunque la luce e cominciò la produzione nell’agosto del 1823, grazie all’importazione di macchinari dalla Francia e dall’Inghilterra.
Il sistema produttivo era ancora, e rimase a lungo, quello cosiddetto proto industriale, che prevedeva cioè la produzione industriale di un componente della lavorazione, in questo caso il cotone filato, e il suo utilizzo in laboratori artigiani e in piccole imprese familiari che lo tessevano a domicilio su telai a mano. Gli anni successivi videro un progressivo sviluppo della fabbrica, sottoposta a continue innovazioni tecniche. I Ponti non si limitarono però a sviluppare la fabbrica e il commercio dei tessuti, ma decisero di impegnarsi in prima persona nell’acquisto diretto della materia prima dal Nord America, rompendo il monopolio inglese e proponendosi come fornitori per tutto il comparto tessile italiano. A questo aggiunsero una vera e propria attività di finanziamento della nascente industria, soprattutto tessile, raggiungendo il duplice scopo di guadagnare con gli interessi dei prestiti e di contribuire alla costruzione di fabbriche che avrebbero avuto bisogno del loro cotone grezzo o dei loro filati per poter funzionare.
Il periodo risorgimentale fu quello che vide l’assottigliamento della distanza tra l’industria italiana e quella nord europea, ma il processo si interruppe con l’Unità. I primi governi unitari decisero infatti di attuare una politica commerciale di libero scambio che espose l’ancora fragile industria tessile italiana a un regime di concorrenza che non poteva sostenere. La contrazione della domanda impedì nuovi investimenti che si tradussero anche in una ulteriore limitazione dei costi di produzione, quindi a una stagnazione dei salari, per poter reggere almeno in parte sul mercato interno. Il cambio di governo, dalla Destra alla Sinistra storica, portò anche l’avvio di un periodo protezionistico mediante l’imposizione di dazi che diedero respiro all’industria italiana e consentirono una nuova stagione di investimenti.
Nel frattempo però la condizione operaia non era migliorata e la possibilità di conflitti tra padroni e operai stava diventando un problema reale. La seconda metà dell’Ottocento fu quindi il periodo più significativo del cosiddetto paternalismo aziendale, cioè una serie di interventi a sostegno degli operai e delle loro famiglie per fornire servizi cui altrimenti non sarebbero stati in grado di accedere. Si trattava di iniziative come la creazione di case e convitti dormitorio per le maestranze, mense, spacci, premi per garantire una dote alle ragazze in età da matrimonio, asili e scuole per i figli dei dipendenti. Si trattava di una strategia globale dell’industria italiana ottocentesca, che quindi non riguardava solo Solbiate Olona e il suo cotonificio e che non risparmiava il controllo politico delle comunità locali in cui le fabbriche operavano.
Nel 1888 morì il capofamiglia Andrea Ponti junior, lasciando il controllo delle attività nelle mani del figlio Ettore, industriale e politico di livello che divenne anche senatore e sindaco di Milano.
Ettore Ponti capì che l’era pionieristica dei capitani di industria stava finendo e quindi decise di governare la transizione della fabbrica verso il nuovo status di società per azioni, non prima però di aver dato avvio a un’ulteriore stagione di ristrutturazione aziendale e di innovazione tecnica, che portò tra le altre cose all’arrivo della corrente elettrica per il movimento delle macchine.